Climate Science Glossary

Term Lookup

Enter a term in the search box to find its definition.

Settings

Use the controls in the far right panel to increase or decrease the number of terms automatically displayed (or to completely turn that feature off).

Term Lookup

Settings


All IPCC definitions taken from Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Working Group I Contribution to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Annex I, Glossary, pp. 941-954. Cambridge University Press.

Home Arguments Software Resources Comments The Consensus Project Translations About Support

Bluesky Facebook LinkedIn Mastodon MeWe

Twitter YouTube RSS Posts RSS Comments Email Subscribe


Climate's changed before
It's the sun
It's not bad
There is no consensus
It's cooling
Models are unreliable
Temp record is unreliable
Animals and plants can adapt
It hasn't warmed since 1998
Antarctica is gaining ice
View All Arguments...



Username
Password
New? Register here
Forgot your password?

Latest Posts

Archives

Gli animali e le piante possono adattarsi al riscaldamento globale

Che cosa dice la Scienza...

Un gran numero di fenomeni di estinzione di massa del passato sono stati strettamente associati a cambiamenti climatici globali. Il cambiamento climatico in corso è cosi rapido che il modo in cui le specie tipicamente si adattano (per es. attraverso processi migratori) è nella maggior parte dei casi impossibile. Il cambiamento globale è troppo pervasivo e avviene troppo rapidamente.

Le argomentazioni degli scettici...

I coralli, gli alberi , gli uccelli, i mammiferi e le farfalle si adattano bene alla realtà della routine del Clima che cambia.(Hudson Institute)
  Il riscaldamento globale provocherà la estinzione di massa di specie che non riusciranno ad adattarsi a cambiamenti  che si verificheranno su scala temporale molto ridotta.
 Il genere umano sta trasformando l’ambiente globale. Grandi distese di foreste temperate sono state disboscate nei secoli passati in Europa, Asia e Nord America per far posto all’agricoltura, al legname e alla urbanizzazione. Ora è il turno delle foreste tropicali. L’invasione di specie nocive, competitori e predatori stanno aumentando in modo esponenziale sempre a causa dell’Uomo, e così lo sfruttamento eccessivo delle riserve ittiche, quello delle foreste per far posto al bestiame continua ad essere la regola anziché l’eccezione.
La causa di ciò è stata la espansione della popolazione umana che è diventata 6 volte maggiore dal 1800 ad oggi e la economia che è cresciuta di 50 volte. L’attività umana prevalente è stata mirata allo sfruttamento dell’ambiente naturale. Attualmente circa l’83% del territorio terrestre subisce l’influenza umana e circa il 36% della superficie ad uso produttivo è utilizzata direttamente. Circa il 50% dei corsi di acqua sono catturati ad uso dell’Uomo. L’Azoto trasformato dalla industria a fini agricoli, supera tutto quello generato naturalmente dal pianeta ed i processi industriali ed agricoli a loro volta stanno causando un accumulo di gas serra in quantità mai sperimentate negli ultimi 800mila anni e probabilmente anche più.
Chiaramente questa dominazione a livello planetario da parte della società umana avrà implicazioni sulla biodiversità. In proposito una recente rassegna  sull’argomento, 2005 Millennium Ecosystem Assessment report (un rapporto ambientale analogo all’IPCC), è giunto a tetre conclusioni: 60% degli ecosistemi del mondo sono già degradati e il ritmo di estinzione è attualmente da 100 a 1000 volte più rapido del “normale” ritmo verificatosi nei tempi tipici delle ere geologiche. Ad esempio in uno studio condotto da me nel 2003 ho mostrato che fino al 42% delle specie del SudEst Asiatico potrebbe andare verso l’estinzione entro il 2100 solamente a causa della deforestazione ed alla frammentazione degli habitat.

Figura 1: previsione di estinzione a causa di perdita dell’habitat nel SE Asiatico (fonte: Sodhi, N. S., Koh, L. P., Brook, B. W. & Ng, P. K. L. 2004)

Stanti gli attuali sconvolgimenti e pressioni sull’ambiente, viene da chiedersi se il riscaldamento globale contribuirà ulteriormente a questo disastro. Taluni, come gli scettici S. Fred Singer e Dennis Avery,non vedono alcun pericolo, anzi, ritengono che un  pianeta più caldo sarà un beneficio per il genere umano ed altre specie viventi del pianeta, e che “coralli, alberi, uccelli, mammiferi e farfalle si adatteranno senza problemi alla realtà del cambio climatico”. Inoltre, sebbene il cambiamento climatico sia una delle preoccupazioni dei biologi conservazionisti, non lo è per tutti in quanto (attualmente) ritengono che altri sono i timori pressanti di grossi danni causati da altre cause ambientali.

Il riscaldamento globale fino ad oggi ha certamente influito sulla distribuzione geografica delle specie e sui periodi riproduzione, migrazione, fioritura e così via. Ma la estrapolazione di questi impatti  in futuri rischi di estinzione è piuttosto problematica. Una delle ricerche più note, eseguita da un gruppo del UK, ha stimato che tra il 18 ed il 35% delle piante e specie animali saranno coinvolte fino all’estinzione entro il 2050 a causa del cambiamento climatico. Questa ricerca che ha impiegato un approccio piuttosto elementare per stimare i cambiamenti delle specie nelle aree geografiche, sulla base delle attuali condizioni bioclimatiche, ha provocato una marea di polemiche e dibattiti. Alcuni hanno eccepito che il criterio era troppo ottimistico o troppo incerto perché si erano trascurati molti dettagli ecologici, altri hanno sostenuto che era troppo pessimistico, in quanto ciò che sappiamo sulle risposte delle specie e l’apparente capacità di resilienza a precedenti cambiamenti climatici dedotta dai fossili, è comunque ancora troppo limitata - vedi sotto,
Un gran numero di eventi di estinzioni di massa del passato sono strettamente legati a cambiamenti climatici globali, compresa la più radicale estinzione che terminò con l’era Paleozoica, circa 250 milioni di anni fa, e qualcosa di meno drammatico avvenne nel periodo del massimo termico del Paleocene.Eocene, 55 milioni di anni fa. In un passato più recente, durante il Quaternario, con cicli glaciali che duravano milioni di anni, apparentemente si verificarono poche estinzioni a seguito del Clima. A questo curioso paradosso è stato attribuito un nome: “l’enigma del Quaternario”.
Durante questi periodi, le differenze di temperatura globale tra il culmine di una era glaciale ed un periodo caldo interglaciale era di 4-6°C, che risulta confrontabile con il riscaldamento climatico antropogenico  previsto nel prossimo secolo dai modelli nel caso  “business as usual” per quanto riguarda l’uso dei combustibili fossili. La maggior parte delle specie sembrano aver resistito ai plurimi periodi glacial-interglaciali del periodo citato. Ciò lo si desume dai fossili e dalle evidenze genetiche delle specie attuali. In Europa e N. America, le popolazioni si spostarono verso Sud a mano a mano che le calotte ghiacciate avanzavano, poi con il ritiro dei ghiacci ritornavano verso nord. Talune specie possono aver resistito in aree favorevoli che risultavano isolate in mezzo a zone segnate dai ghiacci o dalla tundra. In Australia una grotta scoperta di recente ha mostrato che  “grossi mammiferi (megafauna) riuscirono a resistere anche nell’ambiente arido di Nullarbor in condizioni simili alle attuali”.
Comunque, malgrado i records geologici siano essenziali per capire come le specie rispondono al cambiamento climatico naturale,ci sono numerose ragioni per credere che l’impatto futuro sulla biodiversità sarà particolarmente marcato:
A) Il riscaldamento dovuto all’Uomo è già rapido ora e ci si si attende che accelererà ancora. Il Quadro tracciato dagli scenari A1F1 ed A2 della IPCC presuppongono un aumento da 0.2°C a 0.6°C per decennio. In confronto ciò che si registrò da 15000 a 7000 anni fa corrispondeva a circa ~0.005°C per decennio. Comunque nel periodo non mancarono periodi di breve durata (ed a scala regionale) caratterizzati da improvvisi sbalzi climatici come i Younger Dryas, Dansgaard-Oeschger and Heinrich events.
B) Pur con un  ottimistico aumento di  2°C del riscaldamento a fine XXI secolo, la temperatura media della superficie terrestre verrà a sperimentare condizioni che non sono mai state presenti dopo la metà del Pliocene, 3 milioni di anni fa. Un aumento di 4°C della temperatura dell’atmosfera riporterà la Terra, nel giro di un secolo, alle condizioni di un mondo senza ghiacci eguali a quelle di circa 35 milioni di anni fà. La vita media delle specie oscilla tra 1 e 3 milioni di anni. Pertanto è piuttosto probabile che, nell’arco di un centinaio di anni (un istante in confronto alle ere geologiche) le condizioni del pianeta verranno trasformate in un modo tale che la maggior parte delle specie viventi non hanno mai visto eguali prima.
C) Come accennato sopra è già critico che gli ecosistemi nel XXI secolo partono da una condizione di inizio fortemente compromessa e quindi perso in parte la capacità di adattamento. La maggior parte degli habitat sono già degradati e la loro popolazione ridotta, in più o meno vasta portata, dalle attività umane del passato. Per millenni l’impatto dell’Uomo è stato localizzato, anche se talora forte. Ora, durante gli ultimi secoli,  abbiamo dato inizio a trasformazioni fisico-biologiche  sfrenate e su vasta scala. In questo contesto le eventuali sinergie ( positive o aventi l’effetto contrastante) conseguenti all’effetto di riscaldamento, acidificazione degli oceani, perdita di habitat, frammentazione degli habitat, specie invasive, inquinamento chimico (vedi Figura 2) è probabile daranno luogo ad estinzioni a cascata. Per esempio il sovrasfruttamento del terreno agricolo, la perdita di habitat e la modifica del regime degli incendi,contribuiranno ad aumentare l’impatto diretto del cambiamento climatico e renderà difficile o impossibile per talune specie spostarsi in aree indenni o anche riuscire a mantenere delle riserve di popolazione. Una minaccia rinforza l’altra, o anche impatti multipli giocano uno contro l’altro, il che fa sì che l’impatto complessivo sia ancora più grande di quanto sarebbe se causato separatamente da ogni singolo fattore (Brook et al 2008).

 

Figura 2: Figura tratta da Millennium Ecosystem Assessment

D) L’adattamento al cambiamento climatico delle specie nel passato si è svolto principalmente spostando la loro ubicazione geografica a maggiori o minori latitudini ( seconda che la temperatura fosse in aumento o in diminuzione), oppure in alto o in basso sulle pendici montuose. Esiste anche la risposta evolutiva, cioè individui che si sono dimostrati più resistenti alle nuove condizioni sono sopravvissuti ed hanno dato inizio a generazioni più intrinsecamente resilienti. Ora, a causa di quanto decritto nei punti A e C sopra, questo tipo di adattamento sarà nella maggior parte dei casi impossibile, oppure di misura inadeguata allo scopo. Il cambiamento globale è semplicemente troppo pervasivo e troppo rapido. Il tempo è scaduto ed alle specie  non rimane alcun posto per rifugiarsi o per nascondersi.

 

Translation by lciattaglia, . View original English version.



The Consensus Project Website

THE ESCALATOR

(free to republish)


© Copyright 2024 John Cook
Home | Translations | About Us | Privacy | Contact Us